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Salovey e Mayer (1990), definirono l’intelligenza emotiva come la capacità che hanno le persone di monitorare le sensazioni proprie e altrui, discriminando tra le varie emozione ed usando le informazioni raccolte per incanalare pensieri ed azioni.
Il termine fu poi ripreso da Goleman (1995), il quale descrive l’intelligenza emotiva come il miglior predittore in grado di determinare il successo nella vita dell’individuo.
Molto spesso arrivano da me genitori in preda al panico, allo sconforto o alla rabbia, disperati pensando che il proprio figlio possa avere qualcosa che non va nell’espressione e/o nella gestione delle sue emozioni. Spesso questo avviene intorno alla pre-adolescenza del minore, quando questi è giunto ha un cambiamento importante che agli occhi di un genitore sancisce non solo un diventare grandi (intorno agli 11 anni) ma a volte gli mette di fronte a un giovane che non riconoscono più per i pensieri, i comportamenti (spesso anche provocatori o aggressivi), per quanto sceglie di chiudersi in se stesso o aprirsi all’altro, a chi e come. Tali cambiamenti scuotono fortemente gli animi dei genitori, i quali a volte si sentono semplici spettatori di qualcosa che faticano a gestire e a prendere le redini perché vi è un mondo ignoto dentro al giovane ma dove nemmeno quest’ultimo sa da che parte rifarsi. Fidati! Tutto il cambiamento che prende forma, nel breve tempo anche di un estate, è tutto normale, fidatevi!
Ma proviamo a fare il punto della situazione e a comprendere meglio il ricco mondo delle emozioni.
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Lo sviluppo emozionale di un individuo inizia in tenera età, i fattori coinvolti si riferiscono alla stimolazione familiare, ambientale e alle caratteristiche proprie di ciascun bambino.
i bambini iniziano a sviluppare la capacità di riconoscere e nominare le emozioni in base a segnali espressivi del volto. Lo sviluppo di tali abilità è legato alla percezione della salienza degli indizi percettivi, infatti, in un primo momento il bambino elabora le informazioni percettive provenienti dalla regione della bocca, (felicità), e solo in seguito le informazioni derivanti dalla zona oculare, (tristezza, rabbia e paura);
il bambino inizia ad imitare le risposte emotive dei coetanei e a individuare le cause esterne che influenzano le emozioni proprie e altrui. A questa età inizia ad esprimere le proprie capacità empatiche;
il bambino può mostrare alcuni comportamenti problematici quali, prepotenza e aggressività;
i bambini sono in grado di modificare alcune emozioni, quali ad esempio la tristezza e la rabbia attraverso strategie perlopiù fisiche, verbali e sociali. Infatti, nei primi anni della scuola primaria, il bambino mostra alcune difficoltà nel gestire la frustrazione, attuando così comportamenti aggressivi per risolvere il conflitto o attenuare la tensione. Mostrano difficoltà a parlare del proprio stato d’animo quando sono profondamente turbati ma non sono affatto riluttanti a parlarne in un secondo momento. A questa età, i bambini sanno riconoscere strategie di controllo cognitivo, ma è solo col progredire dell’età che riescono anche a riconoscerne l’efficacia e ad applicarle spontaneamente;
emerge la capacità di controllare le emozioni provate e di regolare le proprie risposte emozionali, grazie alla comprensione delle regole di esibizione delle emozioni tipiche della propria cultura;
il bambino progredisce sempre più sul piano delle abilità emotive. È in grado di provare più intensamente sentimenti di colpa e di distinguere il bene dal male senza ricevere rimandi da parte del contesto;
in seguito ai diversi cambiamenti sul piano cognitivo, fisico e emozionale, il giovane esprime un’emotività variabile, caratterizzata da momenti di rabbia incontrollata a quelli in cui ride in modo quasi isterico. Spesso gli adulti non si rendono conto che il ragazzo vive un momento di passaggio ed è molto confuso rispetto al proprio ruolo e alla propria dimensione emotiva. Per questi motivi, episodi di collera espressi danneggiando oggetti o aggredendo gli altri, potrebbero portare allo scontro con gli adulti, quando in realtà la pratica più efficace potrebbe essere quella di contenere l’emozione del ragazzo, permettergli di trovare modalità espressive più adeguate. Il tumulto emotivo che caratterizza questa età si attenua progressivamente nel corso della fine della fase adolescenziale.
Tuttavia, quando qualcosa si arena o fatica a trovare soluzione, è importante che la famiglia e il giovane possano chiedere aiuto a un professionista.