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Ebbene sì, hai capito bene! Siediti con le tue emozioni. È qualcosa che ti capita di fare nelle tue giornate?
Questo è uno dei rimandi che molto spesso trasmetto alle persone che fanno un percorso di terapia. Ma cosa significa veramente?
Sedersi con le proprie emozioni significa accoglierle, stare e sostare su di esse, ascoltare cosa ci dicono, cosa ci trasmettono, lasciare che si esprimano così come sono, far loro spazio, creare un contenitore per le proprie emozioni.
Tutte queste modalità consentono ad ognuno di noi di valorizzare cosa stiamo provando. Ebbene sì, valorizzare, perché ogni emozione ha diritto di esistere, di essere ascoltare nel profondo.
Non esistono emozioni positive o negative, intese come quelle che ci fanno star bene e quelle che ci fanno star male o ci portano a conseguenze negative. Diversi sono i comportamenti che utilizziamo, da distinguere in corretti e non corretti, ma questa è un’altra storia.
Le nostre emozioni sono tutte preziose e per questo necessarie per la nostra sopravvivenza perché ci aiutano a esprimere, a fare chiarezza, a esprimere i nostri bisogni e a comprendere meglio in quale direzione andare.
Secondo l’alfabetizzazione emotiva, Salovey, Mayer e Goleman, comprendono all’interno del costrutto di Intelligenza Emotiva cinque ambiti di interesse:
- conoscere le proprie emozioni,
- maneggiare le proprie emozioni,
- motivare se stessi,
- riconoscere le emozioni altrui,
- utilizzare le competenze sociali nell’interazione e gestione delle relazioni con gli altri.
In base a questi sviluppi teorici è fondamentale per ogni individuo sviluppare le capacità relative all’intelligenza emotiva e nel caso in cui queste non sono state fornite in maniera adeguata è fondamentale promuovere lo sviluppo di appositi training di potenziamento delle abilità emotive all’interno del contesto terapeutico (Mayer et al., 2002).
Quindi cercare di bloccare e controllare un’emozione non fa altro che amplificarla, darli energia. Questo accade perché una delle funzioni dell’emozione è quella di illuminare i propri bisogni nel qui ed ora.
Dobbiamo quindi fermarci a ringraziare le nostre emozioni e noi stessi, ascoltandole e ascoltandoci possiamo prendere consapevolezza di quello che ci è necessario.
Molto spesso, incontro persone che hanno timore di lasciare che l’emozione prenda corpo dentro di loro perché temono di perdere il controllo, di esserne inondati e venir spazzati via. La paura tende quindi a bloccarci dal poter lasciare che queste si esprimano.
Spendere le nostre energie per cercare di ignorare un’emozione non serve a niente ma anzi potrebbe frustrarci maggiormente portandoci un grosso conflitto interiore e a un forte senso di inadeguatezza.
Quello che possiamo fare è:
- Dare un nome all’emozione che stiamo provando e prenderne consapevolezza
- Stare dentro l’emozione senza giudicarla o criticarla (“Perché mi sento così, ho qualcosa non va?”). Ogni emozione è un pezzetto importante di ognuno di noi perché contribuisce a creare la nostra storia.
Questo permette a ognuno di comprendere due cose:
- anche se facciamo spazio a un’emozione spiacevole, non verremo distrutti o disintegrati;
- possiamo far spazio all’emozione e scegliere di non agirla secondo ciò che l’emozione ci dice ma semplicemente starci dentro e ascoltarla.